SPF: PROTEZIONE SOLARE, NON FATEVI INGANNARE DAI NUMERI !

Pubblicato il 6 – giu – 2023

Per un markettaro poter comunicare il valore di un prodotto con un numero è una vera pacchia . Anche al consumatore più distratto è facile far capire o intendere che 7 vale più di 6, 6 più di 5 e così via.

Questo ha spinto i produttori a promuovere cosmetici solari con SPF sempre più alti, al punto che in USA dove era consentito, circolavano solari con SPF 150 o 200.
Ma anche i numeri possono ingannare ed il consumatore potrebbe restare “abbagliato” da numeri del SPF sempre più alti che non riflettono la corretta risposta alle sue esigenze.

La commissione europea, sempre molto attenta, ha dato qualche anno fa delle linee guida per l’etichettatura dei cosmetici solari che ad un certo punto recitano:

L’ SPF potrà essere espresso utilizzando quattro classi di protezione:

  • Bassa
  • Media
  • Alta
  • molto alta

e otto valori di SPF :

  • 6 o 10 = bassa;
  • 15 o 20 o 25 = media;
  • 30 o 50 = alta;
  • 50 + = molto alta.

In ogni caso dovrà essere preferita l’indicazione della classe, con il numero di SPF in posizione di secondaria importanza.

Anche la FDA americana si è adeguata a queste nuove indicazioni per impedire pubblicità che puntassero solo sul numero dell’SPF. Quindi per tutelare e informare correttamente il consumatore di cosmetici per protezione solare, la classe , ad esempio media o alta protezione , è più importante del numero di SPF.

Triste notare come questa indicazione non sia stata seguita da tutti i produttori di cosmetici solari e che ancora oggi il numero che rappresenta l’SPF sia messo in grande evidenza nell’etichetta dei solari.

Vediamo perché la commissione europea chiede di mettere in minor evidenza il numero dell’SPF e come e perché affidandosi al numero il consumatore può sbagliare.

L’SPF , Fattore di protezione Solare , da oltre 50 anni in tutto il mondo indica la capacità di filtrare i raggi UV.

Il numero, viene calcolato con procedure diverse in diversi paesi, ma in sostanza si riconduce alla quantità di raggi UV che vengono bloccati ed a quanto viene ritardato l’insorgere dell’eritema.

Semplificando gli UV che raggiungono la pelle sono uguali a 1/SPF di quelli irraggiati.

SPF 50 significa che solo un cinquantesimo degli UVB raggiunge la pelle (= 2% ).
SPF 20 significa che solo un ventesimo degli UVB raggiunge la pelle (= 5% ).

Oggi è richiesto che anche gli UVA vengano filtrati dal cosmetico solare per almeno un terzo della capacità filtrante degli UVB. Quindi se un prodotto lascia arrivare alla pelle solo un 2% degli UVB, dovrebbe lasciar arrivare anche solo un 6% circa di UVA. Per informare il consumatore di questa prestazione aggiuntiva in Europa è stato introdotto il simbolo a lato , che deve comparire in etichetta.

Il calcolo di quanti UVB vengono filtrati dal cosmetico si riconduce alla dose di ultravioletti che induce l’eritema sulla pelle. Questo è il parametro che viene considerato nei test.

Erroneamente questo parametro viene tradotto dal consumatore e da qualche venditore di solari come

SPF= moltiplicatore del tempo che posso stare al sole prima che compaia l’eritema.

Semplificando si induce nel consumatore il ragionamento: se con un SPF=10 solo un decimo degli UVB raggiunge la pelle, il tempo che potrei restare esposto prima che compaia l’eritema è quindi 10 volte più lungo di quello senza alcuna protezione.
La famosa foto del camionista con i segni dei danni da UVA su un solo lato del viso , quello del finestrino

ERRORE!

Questo ragionamento che valorizza in modo così netto il numero del SPF, non tiene conto degli UVA e del fatto che la funzione dose/risposta ( o meglio Dose UV / Danno da UV ) non è una funzione a gradino .

Per intenderci, non è così netta la distinzione tra i danni che può arrecare un UVB di 310 nm ed un UVA di 320 nm.

Inoltre non si tiene conto della stabilità e sostantività della protezione solare.
Insomma se è poco stabile e si rimuove facilmente un SPF50+ potrebbe necessitare di una riapplicazione ogni 30 minuti.

Con un solare che si applica male, che si rimuove facilmente e che magari non è neppure stabile, te lo sogni che puoi restare esposto, senza danni, 60 volte il tempo a cui ti esporresti senza protezione, anche se in etichetta c’è scritto SPF 50+.

La curva che rappresenta quanti UVB vengono filtrati in funzione del SPF è sostanzialmente piatta per SPF superiori a 30

Allo stesso modo non è così netta la differenza di protezione effettiva che possiamo avere tra un filtro solare che lascia passare solo il 3,3% di raggi UVB ed uno che ne lascia passare solo il 2%.

Per questo la norma europea li accomuna in un unica classe ( ALTA PROTEZIONE ) chiedendo esplicitamente di non evidenziare il numero che rappresenta l’SPF rispetto alla classe.

DOVE STA LA BUFALA ED IL POTENZIALE INGANNO ?

Evitando il problema emerso in alcune analisi e controlli negli anni passati dove l’SPF dichiarato in etichetta non era effettivamente quello che il prodotto riusciva a garantire:

1°- il consumatore , in genere, non sa che la quantità di cosmetico da applicare per avere la protezione SPF dichiarata è 2 mg/cm2. Da molti test sul reale utilizzo da parte dei consumatori, le quantità che normalmente si applicano sono dell’ordine di 0,5 mg/cm2. Più o meno un quarto.

Per la maggioranza dei filtri la funzione quantità applicata/UV assorbiti è lineare, quindi si può dire che in genere un solare SPF 30 applicato nelle quantità reali con cui i consumatori normalmente si applicano i solari, svolge una protezione di un quarto, cioè circa 7,5.

2°- La quantità di cosmetico che si consumerebbe applicandone 2mg/cm2 per avere i valori dichiarati di SPF è relativamente grande. Se prendiamo una superficie della pelle da proteggere di 0,8m2, ogni applicazione richiederebbe 16 grammi di prodotto. Un normale tubo da 150 ml non permetterebbe neppure 10 applicazioni e visto che si consiglia di ripetere le applicazioni nella giornata in meno di una settimana il tubo finirebbe.

3°- L’SPF non descrive la “sostantività” del prodotto, cioè la capacità di restare sulla pelle. SPF molto alti comportano una maggiore difficoltà sia per garantire una buona spandibilità sia per garantire la resistenza e tenuta del prodotto una volta applicato. Un solare SPF 50 che dopo 5 minuti di sudore se ne va , può proteggere la pelle molto meno di un solare con SPF molto più basso ma che resiste di più .

4°- A parità di marca e sistema formulativo il costo formula è direttamente proporzionale al SPF.

Concludendo:

Non fatevi abbagliare dai numeri alti del SPF; alle dosi con cui viene normalmente applicato, non è affatto vero che con un SPF 30 il tempo prima che compaia l’eritema si allunghi di 30 volte.

La nuova tendenza ad utilizzare SPF SEMPRE PIU’ ALTI può indurre un eccessiva fiducia e confidenza nel consumatore: i prodotti devono essere applicati in quantità idonea e le applicazioni vanno ripetute nel tempo.

Se un prodotto SPF 30 ha una applicabilità o una tenuta superiore a quello a SPF 50, tra i due potrebbe essere preferibile utilizzare quello a SPF più basso, la scelta deve essere orientata più dalla classe della protezione ( bassa, media, alta, molto alta ) e dalla resistenza che dal semplice numero che rappresenta l’SPF

Pubblicato il 6 giugno 2023

SPF stands for Sun Protection Factor, and it measures a product’s ability to protect the skin from the harmful effects of UV radiation. It is a crucial factor in sunscreens and other sun protection products.

SPF is calculated based on the amount of UVB radiation a product can block. The higher the SPF number, the greater the protection it offers.

UVA protection shields against aging effects, while UVB protection guards against burning. A broad-spectrum sunscreen should offer protection against both.

Formulators should consider ingredient compatibility, stability, and safety while achieving high SPF values, along with texture and cosmetic elegance.

Yes, most countries have regulatory bodies like the FDA in the United States that provide guidelines for SPF claims. Compliance with these regulations is essential.

Stability testing, proper packaging, and using photostable UV filters are essential for maintaining SPF efficacy throughout the product’s shelf life.

Yes, natural or organic ingredients can be used, but it’s crucial to ensure they provide the necessary UV protection and are stable in the formula.

Formulators should consider factors like skin type, tone, and potential sensitivity when developing products that cater to a diverse range of consumers.

Providing clear usage instructions, conducting educational campaigns, and offering user-friendly packaging can help consumers apply sunscreen effectively.

The future of SPF products involves innovation in ingredients, sustainable packaging, and adapting to changing consumer preferences. Staying updated with market trends is crucial for product makers.

Remember that regulations and guidelines regarding SPF products may vary by country, so it’s essential to be aware of and comply with the specific requirements in your target market.